Viviamo in un tempo che confonde la schiettezza con la verità e la durezza con la forza. Quante volte abbiamo sentito dire: “Io sono solo sincero”, mentre una frase colpisce più di uno schiaffo?
Ma la sincerità non giustifica la mancanza di cura. Come scrive Daniel Goleman, padre dell’intelligenza emotiva, “non è ciò che dici a definire la tua efficacia comunicativa, ma il modo in cui le tue parole vengono percepite”.
La gentilezza non è un atto di debolezza, è una competenza relazionale, una forma di leadership.
Guido Stratta, fondatore dell’Accademia della Gentilezza, sostiene che “la leadership gentile è la capacità di guidare senza imporre, di ascoltare prima di agire, di ispirare senza controllare”.
Ed è vero: i leader che sanno riconoscere il valore della relazione sono quelli che creano fiducia, innovazione e appartenenza.
L’illusione della sincerità assoluta
C’è una forma di crudeltà travestita da autenticità.
È quella che si manifesta quando le persone “dicono le cose come stanno”, ma dimenticano che la comunicazione è sempre una responsabilità condivisa.
Carl Rogers, psicologo umanista, lo aveva compreso bene: “Essere autentici non significa riversare addosso all’altro tutto ciò che proviamo, ma scegliere con consapevolezza come mostrarsi”.
La parola è strumento, non arma. Un feedback, se dato senza empatia, non trasforma. Distrugge. Eppure, molti si rifugiano dietro il mito della “trasparenza”, dimenticando che dire la verità non basta: serve anche saperla donare.
Educare alla gentilezza: il seme di una nuova cultura
Da grafica, illustratrice e autrice, ho imparato che la bellezza nasce dall’ascolto.
Nei miei progetti — da LISA – Libri per un’Istruzione Solidale e Accogliente, a Vitamina Scuola – Laboratorio sull’empatia e l’inclusione — la gentilezza non è un tema decorativo, ma un metodo.
In Vitamina Scuola, i bambini imparano a nominare le emozioni, a esercitare l’empatia, a riconoscere la differenza come valore.
È un laboratorio, ma anche un manifesto: educare all’empatia significa costruire il futuro di una società più consapevole.
Perché un bambino che impara ad ascoltare diventa un adulto che non ha bisogno di urlare per farsi sentire.
Il linguaggio come responsabilità
Le parole creano mondi.
Ogni conversazione può diventare un atto di cura o una microviolenza.
Come scrive Brené Brown, “la chiarezza è gentilezza, l’ambiguità è crudeltà”.
Essere gentili non significa evitare il conflitto, ma gestirlo con consapevolezza.
Una leadership gentile sa dire no, ma senza umiliare.
Sa correggere, ma con rispetto.
Sa guidare, ma con umanità.
Una rivoluzione che parte da noi
Forse la vera rivoluzione è tornare ad ascoltare.
In un mondo che premia chi parla più forte, la gentilezza è un atto controcorrente.
Richiede coraggio, presenza e disciplina.
Conclusione: gentilezza come scelta quotidiana
Non serve una ricorrenza per ricordarci di essere gentili, ma giornate come questa — la Giornata Mondiale della Gentilezza — ci obbligano a fermarci e a chiederci: in che modo sto comunicando con il mondo?
La gentilezza è una vitamina essenziale: non guarisce tutto, ma rafforza ciò che conta.
E, come ogni allenamento, funziona solo se la pratichiamo ogni giorno.
Perché la gentilezza non si insegna: si semina.

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