Robinson Crusoe. Reportage illustrato di un naufrago

Il 17 aprile 1719, esattamente 300 anni fa, venne pubblicato Robinson Crusoe, il grande capolavoro dello scrittore londinese Daniel Defoe.

Egli trascorse la sua esistenza a sfuggire dai debiti, per questo la sua produzione editoriale fu febbrile. Quando compose Robinson Crusoe, Defoe era già sessantenne e anche se l’opera non lo rese ricco, essa raggiunse un successo universale e senza tempo, vantando, infatti, di essere l’unica con il maggior numero di edizioni, dopo la Bibbia.

La storia fu ispirata da Alexander Selkirk, marinaio britannico realmente esistito, che nel 1705 venne abbandonato dal suo capitano su un’isola deserta, facente parte dell’arcipelago Juan Fernández, al largo delle coste del Cile, venendo ritrovato dopo quattro anni allo stato selvaggio.

Quanto al protagonista del libro, fugge di casa a diciotto anni, disubbidendo alle volontà paterne e affamato di avventura, è determinato a girare il mondo. Non può immaginare che il suo sarebbe stato un viaggio diverso. Il viaggio per la sopravvivenza, per l’adattamento, per l’accettazione di una vita primitiva e solitaria al largo delle desolate coste del Venezuela. Ma nonostante tutto, egli non si desiste. Armato solo della sua ingegnosità e del suo istinto di sopravvivenza costruirà la sua vita sull’isola rimanendovi ventotto anni, due mesi e diciannove giorni, vestito di pelli di capra, un ampio cappello in testa, l’ombrello fatto di larghe foglie e il fucile in spalla.

Significativa è la prefazione di Robinson Crusoe, che nonostante la sua brevità riesce comunque ad esprimere la vera essenza di questo intramontabile capolavoro di avventura:

“Se la storia delle avventure di un qualche uomo privato fosse sempre degna di essere resa pubblica al mondo, e  qualora essa riuscisse gradevole una volta pubblicata, l’editore di questo racconto ritiene che questa sarà proprio così. Le meraviglie della vita di quest’uomo superano tutto ciò (è proprio lui a pensarlo) che può essere ritrovato nell’ordine delle cose esistenti, essendo la vita di un singolo uomo, anche misero, capace della più grande varietà. La storia è raccontata con verecondia, gravità, e con una religiosa applicazione degli eventi a quegli scopi per i quali un uomo saggio si rivolge sempre ad essi per esemplare ammaestramento degli altri, e per giustificare ed onorare la sapienza della Provvidenza in tutta la varietà delle nostre circostanze, lasciando che esse accadano come vogliono. L’editore crede altresì che il racconto sia una giusta e veritiera storia del fatto; non vi è parvenza alcuna di finzione in essa. E pur tuttavia ritiene che, dal momento che tutte queste cose sono oggetto di controversia, il miglioramento di essa, sia per diletto, sia anche per la istruzione del lettore, sortirà il medesimo effetto; e anche, egli pensa che, senza favorire ulteriori complimenti al mondo, rende un grande servigio pubblicandole”.

Robinson Crusoe rientra tra gli eroi immortali della letteratura per ragazzi, protagonista di centinaia di edizioni (talvolta illecite, di basso livello, prive di un’adeguata cura redazionale), espresse anche attraverso il fumetto, sintomo di come il romanzo si prestasse positivamente e in modo poliedrico alla mano degli illustratori. Il predominio delle sue edizioni illustrate in tutto il mondo, infatti, ha tracciato una propria particolare storia editoriale attraverso un suo itinerario iconico, contribuendo alla costruzione di un complesso sistema comunicativo, rendendo immediatamente riconoscibile «l’iconografia di viaggio e d’avventura».

Tra gli svariati editori che si occuparono della pubblicazione di Robinson Crusoe, emergono di certo Hoepli, Paravia e Universale Economica, i quali si distinsero per la scelta iconografica che, attraverso un sintetico e caratterizzante filo logico, accompagnò il testo in tutte le sue edizioni. Risultano scanditi difatti all’interno del romanzo, alcuni dei momenti clou, scelti per essere rappresentati da una gamma variegata di illustratori, i quali, mescolando elementi tecnici e naturalistici, attraverso l’illustrazione di fiction e quella scientifica di geografia, botanica e zoologia, riuscirono ad arrivare ad un realismo che rese convincenti anche le situazioni narrative più estreme[1].

 

Cominciamo il nostro percorso figurativo dall’immagine di Robinson, rappresentata nella poliedricità di stili e visioni dei suoi illustratori.

John Clark e John Pine propongono un’illustrazione vitale, caratterizzata da una struttura iconografica durevole nel tempo in cui, «la collocazione del protagonista al centro, fra i singoli episodi posti in scene laterali, conferma la convenzione raffigurativa della simultaneità»[2]. Nella prima edizione in lingua francese del Robinson Crusoe (1720) ritroviamo un ritratto del naufrago nel frontespizio, firmato da Bernard Picart (1673-1733), il quale propone una grafica cavalleresca e di culto con riferimento all’iconografia dell’omo silvatico.

«Con l’introduzione del parasole aperto, che, materializzando la nube dello sparo, sostituisce uno dei fucili, la gerla sulle spalle, la sega al posto della spada, la tartaruga e l’abitazione protetta da una palizzata, Picart delinea una situazione più tranquillizzante della precedente, che renderà la sua illustrazione molto citata e popolare»[3].

Nelle edizioni del 1827 ritroveremo un orientaleggiante Robinson ambientato in un contesto squisitamente allegorico, frutto dell’elaborazione di John Bewick e Louis de Sainson.

A seguire, di particolare importanza il naufragio, fase critica da un punto di vista individuale (la perdita dello status borghese e il passaggio ad una condizione del tutto selvaggia) e decisamente rivelatrice nell’illustrazione, clamorosamente apprezzata in era romantica; l’eroe di Defoe, «precariamente abbarbicato a una scheggia di scoglio come lo vuole la maggior parte delle immagini, inerme e sopraffatto nel momento immediatamente successivo alla salvezza»[4], diventa protagonista delle sequenze più ricche e suggestive nelle quali scorgiamo ora un richiamo alla pittura di genere, ora un tributo a L’onda di Hokusai (George Cruikshank, [1792-1878], edizione 1783 e Louis de Sainson), ora un trionfo romantico nelle edizioni neoclassiche del 1808 e 1810, nelle quali si nota la sublime teatralità della posa assunta dal naufrago aggrappandosi allo scoglio (Thomas Nicholson e Karl Girardet).

Karl Girardet.

Peculiare anche la fase iconografica nella quale Robinson cerca di redimersi attraverso il lavoro, tentativo utopico di assoluzione sociale dell’uomo tramite la sua fatica, espressa qui in una sequenza di «illustrazioni che lo vedono impegnato a cacciare con trappole e fucili, costruire mobili e suppellettili, a seminare, spigolare e vendemmiare»[5]; un quadro descrittivo che richiama l’incisione di Louis de Sainson, con un Robinson impegnato a rizzare palizzate a protezione della propria abitazione, circondato da una delle tante cornici composte da elementi che alludono alla nozione di difesa, qui umoristicamente estesa alla raffigurazione di un riccio e di un fico d’India[6].

 

Tra gli altri illustratori ricordiamo Riccardo Salvadori (1866-1927), Louis Boulanger (1806-1867), Walter Paget (1863-1935).

L’ esplorazione dell’isola è forse una delle fasi più sperimentali nelle quali gli illustratori si cimentano nella raffigurazione di un Eden perduto e della sua meravigliosa scoperta. Nella raffigurazione di questo altrove esotico e ammaliante, ricco di rapinosi scorci di paesaggio e di una vegetazione lussureggiante, possiamo rilevare un parallelismo con la suggestiva «edizione Curmer (1838) di Paul et Virginie di Bernardin de Saint-Pierre o con gli autori delle infinite variazioni sul tema dell’avventura offerte dalle incisioni dei romanzi di Jules Verne, Karl May o T. Mayne Reid»[7]. Le immagini appartenenti a questo momento narrativo rappresentano quell’irraggiungibile luogo inconscio nel quale il sodalizio tra natura e innocenza emerge con forza. Paravia e Hoepli vedranno una competizione fra gli illustratori (tra cui Maximilian Shäfer (1851-1916), Thomas Mc Quoid, Walter Zweigle (1859-1904), Emile Bayard (1837-1891), Carlo Nicco (1883-1973) ed Alfredo Vaccari) impegnati nel delineare repertori geografici di esplorazione e di viaggio, impreziositi dal rigoglio di una mistica vegetazione tropicale.

Dopo essere stata esplorata, l’isola si tramuterà in una prigione, aggirabile soltanto attraverso la fuga; di qui la costruzione della barca, concretizzatasi in una progressione di un appassionante montaggio: «da tronco a imbarcazione dalla chiglia e dai fianchi sagomati, immagine alla quale si ispira l’insieme delle illustrazioni, che descrivono i tre momenti distinti del lavoro, della pausa di riflessione e del varo»[8]. Emerge qui l’abilità di Janet Lange (1815-1872), Walter Zweigle, George Cruikshank, Riccardo Salvadori (1866-1927), Louis de Sainson e Renato Guttuso (1912-1987).

Carlo Nicco.

La scoperta dell’orma sulla sabbia è tra i momenti più teatrali, figurativamente parlando. Gli illustratori attingeranno dall’iconografia cinquecentesca dei trattati di fisiognomia e da quella ottocentesca dei manuali figurati di recitazione alla Morrocchesi. «Lo conferma il teatrale abbigliamento di Robinson, le cui vesti irsute e ferine richiamano il ritorno ad un’animalità remota, per affidarsi interamente ai sensi»[9]. Nelle illustrazioni di Thomas Stothard (1755-1834), Richard Corbould (1757-1831), James Allen, John Bewick, George Cruikshank, Paul Gavarni (1804-1866) e Walter Paget (1874-1936) ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti, dallo stupore alla paura, passando attraverso la meraviglia, l’incredulità, lo sgomento e l’orrore.

Nelle edizioni di Paravia e dell’Istituto Editoriale Italiano, le illustrazioni riguardanti la scoperta dei resti umani bruciati, sul banchetto dei cannibali, preannunciano la conclusione della dorata solitudine e la definitiva perdita del paradiso; una fase, questa, generalmente riassunta nell’«improvvisa apparizione del rogo fumante di teschi e scheletri che verrà raffigurata dagli illustratori in modo da rendere, in entrambe le situazioni, le reazioni del protagonista, sostanzialmente interscambiabili»[10]. Tra gli illustratori abbiamo Riccardo Salvadori, Henry Nicholson (1835 – 1915), Walter Zweigle, Karl Girardet (1813-1871), Alfredo Vaccari ed Emile Bayard.

Renato Guttuso.
Thomas Stothard
Richard Corbould e James Allen
George Cruikshank.
John Bewick.
Bernard Picart e Karl Girardet.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’incontro con Venerdì, sequenza privilegiata dagli illustratori, è caratterizzata da quattro diversi segmenti narrativi: il primo si riferisce al terrore di Venerdì all’apparizione di Robinson, una sequenza illustrata da Jean Grandville (1803-1897) e Paul Gavarni; nel secondo vi è in primo piano l’omaggio delle armi e della testa mozzata al nemico, descritto da Richard Corbould (1757-1831) e James Allen; nel terzo vediamo l’atto di sottomissione con il quale Venerdì si pone sul capo il piede di Robinson, presente nelle incisioni di Bernard Picart (1673-1733), di Karl Girardet e di Pierre Mariller (1740-1808); infine, la quarta fase si concentra sul conforto di Robinson rivolto a Venerdì, rilevabile dalle incisioni anonime di edizioni del 1783, del 1808 e del 1813. In ognuna di queste raffigurazioni ritroviamo un Venerdì domestico e confidente, figlio e suddito, volto a soddisfare le aspirazioni del suo padre-padrone[11].

Nell’ultima delle nove fasi illustrate, la casa sull’albero, non possiamo non menzionare Sonzogno; come Paravia (1916) ed Hoepli (1880), anch’essa, nel 1818, pubblicò il romanzo dando risalto a quello che dalle illustrazioni emerge come un albero della vita, carico di profondità inconscia e spirito d’avventura. Troveremo anche qui un approccio poliedrico dei vari illustratori: avremo una sorta di “crocifissione” simulata con Walter Zweigle, un mesto abbandono alla natura con Ludwig Richter e, a partire dal tardo Settecento, vedremo come l’adozione di un certo rigore costruttivo nelle illustrazioni di Falkenhorst, Dall’Acqua (1760-1829), Lemercier, Dargent (1824-1899) e Conti (1813-1888), si estenderà fino a questa fase così incontaminata e selvaggia, attraverso l’inserimento di elementi stilisticamente contrastanti con il contesto.

Note:

[1] Cfr. Cento figure per Robinson: l’illustrazione del marinaio di York in dieci sequenze iconografiche, Museo dell’illustrazione (centro studi sull’immagine riprodotta), Comune di Ferrara, Assessorato alle Politiche e Istituzioni Culturali, 2002.

[2] Ivi, p. 13.

[3] Ibidem.

[4] Ivi, p. 20.

[5] Ivi, p. 28.

[6] Ibidem.

[7] Ivi, p. 36.

[8] Ivi, p. 44.

[9] Ivi, p. 60.

[10] Ivi, p. 69.

[11] Ivi, p. 77.

L’articolo è un estratto rielaborato del volume Edizioni di classici. L’illustrazione nell’editoria per l’infanzia, di Denise Sarrecchia, Arbor Sapientiae, Roma 2015 (II Edizione). I contenuti sono coperti da copyright. Qualsiasi riproduzione è assolutamente vietata.

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